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Robert Jordan
La Ruota del Tempo (21/06/2011) |
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12 - Presagi di Tempesta (scritto da Brendon Sanderson) |
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| Jordan ha esordito come scrittore riprendendo il ciclo di Conan il Cimmero di Howard e pubblicando più di una decina di volumi, di cui uno solo tradotto in italiano. Nel 1990, all'età di 42 anni, Jordan ha iniziato il ciclo fantasy de La Ruota del Tempo, progettato fin dall'inizio in modo molto dettagliato. I primi tre romanzi del ciclo sono stati pubblicati in Italia da Mondadori con ritardi crescenti rispetto alla pubblicazione originale, e poi più niente, come purtroppo è tradizione del nostro più grande editore. Questa volta, a differenza di altre volte, anche a livelli letterari molto più elevati, dei cui seguiti in Italia non si è saputo più niente, i diritti sono stati acquisiti da Fanucci che nel 2005 ha ricominciato a pubblicare l'intera serie, e sono le copertine Fanucci che ho rappresentato. Jordan è morto a 59 anni, dopo poco più di un anno dalla diagnosi di una malattia degenerativa di cui ancora non si conosce una cura efficace. Al momento della scoperta della malattia, aveva appena pubblicato l'undicesimo volume della serie, e stava lavorando a quello che pensava potesse essere l'ultimo. Dopo la sua morte, la moglie ed editor ha chiesto a Brendon Sanderson (leggi la biografia) di completare l'opera seguendo gli appunti e gli abbozzi lasciati da Jordan, che voleva fortemente concludere la serie. Sanderson, secondo quanto dichiara, ha cercato di adeguarsi il più possibile allo stile di scrittura di Jordan, ma ha stimato che per concludere la vicenda fossero necessari altri tre volumi, di cui sono stati pubblicati i primi due (solo il primo in Italia). Io ho letto i primi tre volumi nell'edizione Fanucci, ma non ho poi proseguito la serie perchè la lettura mi risultava estremamente irritante, e i commenti dei lettori americani, in largo anticipo sulla pubblicazione italiana, mi confermavano che la sensazione sarebbe rimasta la stessa per molti volumi a seguire. Molto recentemente, in previsione della pubblicazione degli ultimi episodi da parte di Sanderson, colpito dall'entusiasmo dei fan della saga, mi sono deciso a rileggerla tutta per riuscire a capire la vera ragione della mia irritazione e se poi alla fine avevo avuto o meno torto nell'abbandonarne la lettura. L'ho letta tutta di seguito, per cui nel mio giudizio ho messo in conto il fastidio di dover leggere dei richiami a situazioni precedenti in ogni volume, fondamentali in una lettura con intervallo almeno annuale tra un volume e l'altro, ma che per me non erano affatto necessari. Mi limiterò a commentare i primi 11 volumi, quelli scritti da Jordan, dato che per la conclusione di Sanderson è ancora troppo presto per darne un parere fondato, e mi limiterò solo a qualche sensazione preliminare alla fine. La prima conclusione a cui sono giunto è che avevo avuto perfettamente ragione ad irritarmi, e che per fortuna mi ero fermato al terzo volume, perchè se avessi letto a quel tempo anche il quarto, un volumone di più di 1000 pagine, avrei forse commesso per la prima volta in vita mia il delitto di libricidio. Andando però per ordine, devo riconoscere che la storia è molto ben congegnata, le diverse varianti sono tutte ben giustificate e l'impressione durante l'intera lettura è sempre stata che l'autore avesse un pieno controllo delle diverse vicende, e sapesse come farle convergere alla fine, anche se poichè la fine non c'è ancora stata, questa rimane solo un'impressione personale. Il mondo in cui la vicenda si sviluppa è ben descritto, anche nei particolari, e acquista visibilità e concretezza via via che la storia avanza con nuovi dettagli che si aggiungono ai precedenti. Non ci sono grosse incongruenze logiche (anche se qualcuna sì), e la curiosità di sapere come va a finire è tenuta in continua tensione fino all'ultimo episodio pubblicato. Una tale complessità di intrecci di diversi personaggi, con sotto-plot perfettamente coerenti l'uno con l'altro, è difficile da trovare nel mondo del fantasy, nemmeno l'osannato Tolkien propone e gestisce una massa di eventi e personaggi come riesce a fare Jordan. Perchè allora la mia irritazione? Dopo la lettura completa posso rispondere: per diverse ragioni. Per prima cosa l'eccesso di descrizioni, che non è sicuramente la ragione principale ma è il primo aspetto che inizia a dare fastidio. Jordan descrive con minuzia il colore e la trama dello scialle di ogni Aes Sedai che appare nella narrazione, descrive come lo indossa perchè è un simbolo di potere e una esibizione dello stesso. Descrive attentamente fattura e colore degli abiti indossati dai personaggi principali, soffermandosi sui colori, sui ricami, sulla lunghezza delle gonne e sul colore delle calze che vengono mostrate quando una donna con la gonna intera va a cavallo. Ovviamente descrive anche quando una donna usa delle gonne tagliate e ricucite "a pantalone" per cavalcare senza mostrare le calze, in un mondo pudibondo oltre ogni limite ragionevole, per cui questo fatto merita di essere evidenziato in continuazione. Jordan descrive con abbondanza di dettagli gli ambienti dove si svolge l'azione, specialmente le locande, le stalle nonchè ovviamente i tanti palazzi regali o nobiliari così frequenti da un certo punto della storia in poi. La prima volta si apprezza un autore che cura i dettagli, anche quelli non essenziali per lo sviluppo del racconto. La seconda volta si accetta volentieri che l'autore voglia descrivere la situazione così com'è, senza lasciare l'obbligo al lettore di ricostruirla in base a descrizioni precedenti. La terza volta si comincia a riconoscere un "già visto", tenendo conto che spesso queste descrizioni sono fatte con le stesse identiche parole, e si comincia a provare un certo fastidio, specialmente se troppo spesso tra una descrizione e l'altra non è successo praticamente niente, a parte altre descrizioni di altri aspetti della vicenda. Dopo la quarta o quinta volta il fastidio diventa veramente forte, e si incomincia a capire perchè ogni volume sia di 800 pagine o più, in cui si narra una storia che poteva ampiamente essere contenuta nella metà di queste pagine, con tutte le descrizioni veramente necessarie. L'irritazione maggiore mi è venuta però dai personaggi più importanti. Sono come maschere caratterizzate dalle loro ossessioni o manie principali, senza alcuna capacità di variazione, molto poco realistici per personaggi (persone) che attraversano situazioni traumatiche e stressanti, che devono adattarsi a realtà di cui non immaginavano nemmeno l'esistenza, ed invece in tutto questo mantengono completamente inalterate tutte le loro fissazioni, come se fare nuove esperienze non insegnasse proprio niente, e le fissazioni sono l'aspetto dominante del loro carattere. Voglio essere chiaro: è assolutamente comprensibile che persone vissute per tutta la loro giovinezza in un ambiente rurale e molto ristretto, con solo qualche vaga nozione di un mondo diverso e molto più grande e complesso che esiste al di fuori del proprio paesello, se costrette improvvisamente a viaggiare, a dover assumere ruoli di una qualche importanza anche contro la propria volontà, possano sentirsi estraniati e quindi tendano ad idealizzare lo stile di vita precedente, oltre ad esserne pesantemente condizionati. Ma non è questo che fa Jordan con i suoi personaggi, se non in minima parte e molto male. Quello che fa, al di là delle sue intenzioni, è creare dei pupazzi con sempre le stesse reazioni, che diventano rapidamente prevedibili ed irritanti. Ma questo non è ovviamente tutto. Stiamo parlando di un mondo che evolve ciclicamente, con periodi di evoluzione di molte migliaia di anni, con leggende che ricordano eventi di cicli precedenti, e una storia "recente", ben conosciuta, di alcune migliaia di anni durante i quali l'attuale struttura di potere si è evoluta e stabilizzata. Però poi la crisi di questo mondo è compressa in un paio d'anni, in cui innovazioni rivoluzionarie si susseguono improvvisamente l'una all'altra, poteri dimenticati da millenni si riscoprono in rapida successione, mentre alcuni dei personaggi principali, in ruoli di potere, si comportano come se non avessero alcuna consapevolezza di essere gli eredi di uno sviluppo millenario, con tutte le sue conoscenze, suoi ricordi e la sua storia. In altre parole, ci sono fin troppo spesso situazioni in cui il comportamento dei personaggi principali è poco corrispondente a quello che ci si aspetterebbe da chi conosce e capisce la storia degli ultimi millenni, profezie incluse, anche se le profezie lasciano ampie possibilità di ambiguità. Le ingenuità, le decisioni sostanzialmente stupide e prese senza ragioni razionali, sono troppe e si possono giustificare, secondo il mio sospettoso parere, solo perchè la storia doveva evolvere in quella direzione e Jordan non è stato capace di farlo in modo più intelligente. Nel quarto volume, alle soglie del quale, per mia massima fortuna, mi ero fermato nella mia prima lettura, si raggiungono vertici assoluti. In questo volume, di più di mille pagine, succedono incredibilmente, per lo standard di Jordan, molte cose, praticamente per l'ultima volta nella saga. Per questo è particolarmente apprezzato dai fan de La ruota del Tempo, la cui passione è spesso tale da non dare importanza al fatto che di fronte all'evidenza dell'esistenza reale dell'Ajah Nera, cioè delle Aes Sedai seguaci del Tenebroso, e la fuga di una dozzina di loro da Tar Valon, Siuan Sanche, l'intelligente e furba Amyrlin Seat che dirige tutte le Aes Sedai, non riesce a trovare di meglio che mandare alla loro ricerca tre novizie ancora del tutto inesperte. La giustificazione è che era l'unico modo per mantenere il segreto sulla missione, ed ovviamente le tre si affrettano a raccontare tutto alla prima persona incontrata. Altrettanto ovviamente questa persona si dimostra altamente affidabile ed il suo aiuto fondamentale. Alla fine le tre ragazze sconfiggono con facilità le più esperte, e ben più numerose, Aes Sedai nere (non completamente, perchè nulla è completo in questa storia che non finisce mai) solo per capitare in una situazione ancora più intricata e pericolosa, da cui si salveranno ugualmente con facilità e senza farsi un graffio. Certamente non tutto l'intreccio è a questo livello, ma ci sono molte situazioni che se non raggiungono queste bassezze le mancano di poco. In realtà Jordan non riesce a trovare un modo intelligente e coerente per far sviluppare la storia come vorrebbe, ed è costretto ad usare soluzioni ridicole ed improponibili per risolvere in qualche modo le situazioni sempre più intricate che è costretto a costruisce per evitare di avvicinarsi mai, nemmeno per sbaglio, ad un finale ragionevole. Jordan poi gestisce male le proprie invenzioni, le spreca per un eccesso di entusiasmo nel loro uso, per cui è obbligato ad inventarne sempre altre, di livello superiore, fino a quando non ha più idee ulteriori, ma non vuole chiudere la storia. Inventa i Trolloc, esseri giganteschi, pesantemente armati e di forza sovraumana, con poco intelletto ma molta ferocia, che nei primi tre volumi de La Ruota del Tempo rappresentano l'incubo per le persone normali. Poi nei primi scontri, e sulla qualità della descrizione degli scontri armati dovrò tornarci in seguito, i terribili Trolloc vengono ammazzati a centinaia, o migliaia, senza alcuna difficoltà. Sia con i meravigliosi archi lunghi usati dalle popolazioni dei Fiumi Gemelli, sia con armi molto più convenzionali. I terribili Trolloc cadono come foglie in autunno, e devono essere velocemente dimenticati come cattivi per autonomasia in favore di nuovi esemplari della cattivitudine. Ma poi anche i nuovi terrori diventano non proprio innoqui, ma sicuramente meno pericolosi, e bisogna inventare qualche altra cosa, che rappresenti un nuovo pericolo non facilmente confrontabile. E' un continuo crescendo di esseri invincibili e teribbili, che però nello svolgimento della storia vengono rapidamente declassificati a stupidi qualsiasi e facilmente sconfitti. Lo stesso meccanismo di amplificazione inflazionata avviene per le capacità magiche, sia delle Aes Sedai che della loro controparte maschile. Alcune vecchie capacità ben conosciute nelle ere precedenti, sono state dimenticate, e nonostante studi e sforzi delle migliori menti per molti millenni, sono ancora sconosciute, ma improvvisamente vengono riscoperte a ritmo accelerato, una dopo l'altra e da parte di persone senza particolare preparazione, ma solo perchè senza queste capacità miracolose i buoni non potrebbero avere i vantaggi che gli permettono di cavarsela in situazioni estremamente critiche e in palese inferiorità, ed ovviamente senza farsi troppo male. Il fatto è che Jordan, bruciando con troppa velocità ogni sua precedente invenzione, ha bisogno in continuazione di nuove idee, di nuove capacità che gli permettano di chiudere ogni volume con qualche colpo di scena positivo, come ad esempio la possibilità di muovere a piacere tutti i personaggi principali, ma anche decine di migliaia di uomini armati, per tutto l'enorme spazio del continente dove la vicenda si svolge. Così si riutilizzano le vie, da tempo immemorabile evitate per l'estremo pericolo che rappresentano, poi il viaggio immateriale ma pur sempre reale nel sogno, sia nel sogno dei lupi che in quello normale aiutati da oggetti che potenziano le capacità magiche, risalenti alle epoche precedenti, fino a dover arrivare alla capacità di viaggiare, cioè un vero e proprio teletrasporto, con il quale si raggiunge il limite del possibile, a meno di potersi muovere anche nel tempo, ma fino all'ultimo volume da lui scritto Jordan sembra aver evitato questa soluzione. Oltre a questo, ci sono altri aspetti magici che vengono trattati nello stesso modo, con un crescendo continuo di invenzioni una superiore all'altra, dimenticandosi delle precedenti, o rendendole obsolete e/o inuttilizzabili senza ragioni particolari, e questo alla fine irrita non poco. Un altro elemento che dà un po' fastidio in questa opera di Jordan è la descrizione delle battaglie. In 10.000 e più pagine ci sono molte, tante battaglie, da piccole scaramucce a scontri tra eserciti di decine di migliaia di uomini ciascuno, e questo in attesa della battaglia finale che è, o dovrebbe essere, l'apice di tutta la storia, che sembrava imminente fin dal secondo volume, e di cui, nell'undicesimo, ancora non si vedono avvisaglie concrete, se non continui richiami alla sua imminenza. Come detto in precedenza, Jordan è un fanatico delle descrizioni; descrive con attenzione ambienti, abbigliamenti, movimenti di tutti i personaggi, ma quando si arriva alle battaglie lascia un poco a desiderare. Non è che non le descriva, ma nel farlo è troppo generico, poco incisivo, ignora i particolari che ne rappresentano il contenuto tecnico, si limita fin troppo spesso a frasi stereotipate per cercare di darne un'idea generale, cerca di descrivere qualche emozione particolare, ma il risultato finale è povero. Lo è sopratutto perchè Jordan non conosce le tecniche di combattimento, non conosce abbastanza le strategie militari, e quindi nel descriverle si trova a disagio, è costretto a rimanere sul generico. In questo suo difetto Jordan si trova sicuramente in buona compagnia, e potrebbe anche essere un peccato non troppo fondamentale, ma io credo che se uno dedica l'intera propria vita alla scrittura di un'unica storia, anche se sbrodolata in millemila pagine, in cui le battaglie e i combattimenti hanno un ruolo sostanziale, varrebbe fortemente la pena di documentarsi accuratamente in merito. Jordan questo non l'ha fatto, o se l'ha fatto l'ha fatto assolutamente male. Viene allora spontanea la domanda: ma se questa saga presenta tanti difetti, com'è che è letta avidamente da tante persone? Credo che la risposta presenti più di un aspetto. Intanto la capacità di cogliere i punti deboli di un romanzo, i difetti stilistici o la cattiva gestione della trama, la caratterizzazione carente dei personaggi, la gestione non ottimale del Punto di Vista, cioè da dove l'azione viene vista ed i pensieri di chi si è autorizzati a conoscere, non è molto diffusa tra i lettori medi italiani, perchè nessuna scuola e nessuna, o quasi, critica li ha abituati a farci caso. Questi sono difetti oggettivi, facilmente verificabili, una volta identificati come difetti. Ma Jordan commette pochi di questi errori, per cui il giudizio diventa molto più soggettivo, perchè arriva alla valutazione della gestione della storia, alla qualità dei personaggi, alle logiche interne della narrazione stessa. Quindi quello che a me appare come un difetto, perchè potrebbe essere reso molto meglio in un altro modo, ad un lettore meno attento, o meno esperto, può passare del tutto inosservato, o addirittura piacere, perchè non conosce alternative a quel tipo di narrazione. Inoltre bisogna ammettere che Jordan è riuscito a creare un mondo complesso, con molte parti in interazione reciproca che presentano un elevatissimo numero di variabili nella loro evoluzione, e le tiene tutte sotto controllo, anche se, come credo di aver dimostrato prima, senza cercare di arrivare ad una soluzione per nessuna delle sottostorie di cui la narrazione si compone. E' ovvio che molte persone siano prese più dallo sviluppo della vicenda che dalla qualità narrativa con cui viene presentata, e siano quindi in ansiosa attesa di vedere come va a finire, diventando quasi dei fanatici sostenitori della saga. Quindi per moltissime persone l'unica cosa che importa è di arrivare a sapere come finiranno tutte le miriadi di situazioni intricate che Jordan è riuscito a creare nel tentativo di ritardare il più possibile la vera risposta: riuscirà Rand a sconfiggere il Tenebroso? Come se ci fosse da dubitarne, poichè l'unico vero dubbio è come ci riuscirà. In un modo logico e coerente con l'intera narrazione o con un ennesimo colpo di scena? Due parole due sul lavoro di Sanderson. Ho potuto leggere solo il primo dei due volumi pubblicati al momento, e quindi posso dirne ancora molto poco. Sicuramente cerca di imitare Jordan il più possibile, perdendo tempo in descrizioni sostanzialmente inutili ed allungando il brodo nella stessa maniera insopportabile di Jordan, anche se con uno stile narrativo molto più scorrevole e con una migliore gestione dei dettagli, ma perlomeno mi sembra di cogliere almeno un vago accenno al confluire delle varie sottostorie verso un momento comune. Sanderson sta quindi ubbidendo alla richiesta di massimizzare il numero di volumi ancora da pubblicare, ma di arrivare a concludere la vicenda. Come e con quale qualità di racconto ci riuscirà è tutto da vedere, anche se Sanderson mi sembra uno scrittore con migliori capacità narrative di Jordan. PS - Ho letto anche l'ultimo episodio di questa saga, Memoria di Luce, e ne ho parlato qui. |
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